
Il confine tra biologia e tecnologia si fa sempre più sottile. Un gruppo di ricercatori Unict, in un recente studio ha dimostrato la possibilità di monitorare la vitalità cellulare direttamente su chip, sfruttando un approccio ottico completamente label-free.
In pratica riescono a distinguere cellule vive da cellule avviate verso l’apoptosi, la morte cellulare programmata, senza utilizzare marcatori fluorescenti o agenti chimici. L’idea è semplice: basarsi sull’osservazione delle cellule, del modo in cui si muovono all’interno di minuscoli canali per capirne lo stato vitale.
A realizzarla un team di ricercatrici dell’Università di Catania composto da Emanuela Cutuli, Giovanna Stella e Maide Bucolo del Dipartimento di Ingegneria Elettrica, Elettronica e Informatica e da Francesca Guarino del Dipartimento di Scienze Biomediche e Biotecnologiche.
Lo studio – dal titolo Automatic label-free image-based system for cell viability monitoring on-a-chip – è stato pubblicato nei giorni scorsi sulla rivista scientifica Biomedical Signal Processing and Control.
Di solito, per sapere se una cellula è viva o no, bisogna "disturbarla": colorarla, marcarla, trattarla. Qui, invece, il sistema si affida al flusso e a un algoritmo che sa leggere tra le righe del movimento.
Questo lavoro dimostra, per la prima volta, la fattibilità dell'utilizzo di stimolazioni oscillanti a bassa frequenza e senza marcatori per valutare la vitalità cellulare su chip. Il tutto con una soluzione automatizzata e non invasiva.
Una novità importante, tanto che l’Università di Catania ha deciso di tutelare e valorizzare la tecnologia sviluppata per ottenere questi risultati promettenti depositando un brevetto.
Le sfide affrontate e superate sono state tre. La prima: mettere a punto una procedura sperimentale che, grazie a stimolazioni idrodinamiche controllate, renda visibili le differenze tra cellule vive e cellule in fase apoptotica. Seconda: sviluppare un sistema di analisi automatizzato e continuo, evitando così di dover raccogliere enormi moli di dati da elaborare solo a posteriori. Terza: trovare dei parametri, fisici e misurabili, su cui basare una classificazione affidabile dello stato cellulare.
Il cuore tecnologico di questo lavoro è un algoritmo chiamato Time-Slot DPIV (Digital Particle Image Velocimetry). Una tecnica che analizza il movimento delle cellule nel tempo, suddividendo il processo in finestre temporali definite, i cosiddetti time slot.
All’interno di ciascun intervallo, il sistema calcola in automatico la velocità delle particelle (o cellule) e ne ricava un quadro dinamico del comportamento sotto stimolo.
Questo permette non solo di monitorare continuamente il flusso, ma anche di ridurre drasticamente la mole di dati da elaborare. Un vantaggio importante in particolare negli esperimenti a lungo termine.
L’algoritmo, supportato da un’interfaccia utente progettata per l’uso in laboratorio, consente di visualizzare i risultati dell’analisi man mano che il processo evolve, senza interrompere il flusso.
Per validare il sistema, i ricercatori hanno condotto analisi statistiche secondo la tecnica dell’ANOVA che valuta l’influenza di diversi fattori sul fenomeno osservato.
Sia il tipo di cellula sia la portata del flusso incidono significativamente sulle risposte misurate. Quindi, non si tratta di variazioni casuali, ma di risposte misurabili a stimoli precisi.
Non solo. Con l’applicazione dell’algoritmo di clustering K-means, è stato costruito un modello predittivo in grado di classificare le cellule in base al tempo e alla frequenza del loro movimento.
L’efficacia di questo modello è stata testata utilizzando indici standard come Silhouette e Davies-Bouldin, che hanno confermato la robustezza della classificazione anche al variare delle condizioni sperimentali.